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Curiosita'

Racconti attorno al fuoco

di Franco Franci

Radio ricetrasmittente dell’aereo tedesco caduto sul Corno alle Scale
Radio ricetrasmittente dell'aereo tedesco caduto sul Corno alle Scale

Sono un appassionato di storia soprattutto degli eventi dell'ultimo conflitto mondiale. L'interesse per questo periodo è nato in me, che fortunatamente non ho vissuto quei terribili momenti, incuriosito dalle storie sentite raccontare quando ero piccolo da mio padre, da mia madre e dalle donne che venivano a veglia in casa mia nelle sere invernali attorno al camino.
Nella mia ingenuità di bambino non riuscivo a capire come mai era scoppiata una guerra se era così terribile come la descrivevano, perché veniva combattuta fra italiani e perché proprio nel mio paese. I racconti sembravano appartenere ad un altro mondo e io non riuscivo a comprendere come i pianaccesi, che già vivevano miseramente, avessero avuto la forza di sopportare ulteriori sacrifici e tragedie senza ribellarsi.
Ero arrivato alla conclusione che Mussolini e il Duce fossero due persone distinte, l'uno buono e l'altro malvagio alternativamente a seconda delle circostanze.
Le cose mi furono chiare con il passare degli anni.
Pianaccio si era venuto a trovare nelle immediate retrovie della "Linea Gotica" sulla quale si fronteggiavano gli eserciti angloamericano e tedesco, nel bel mezzo di una lotta fratricida fra partigiani e fascisti, fatta soprattutto di ideali, ansia di libertà e voglia di democrazia, ma anche di odi, di rancori e di vendette personali.
Le vicende rievocate, non avevano cambiato i destini del mondo ma erano episodi, spesso drammatici, che avevano come protagonisti i paesani la cui vita era stata mutata profondamente. Alcuni di questi racconti sono ancora ben presenti nella mia mente perché si riferiscono a fatti che hanno colpito anche la mia famiglia violentemente.
Il nonno Gigi, rimasto fedele ad un'idea ormai sconfitta e condannata dalla storia, catturato dai partigiani, torturato e barbaramente ucciso alla "Caffa", rivolge l'ultimo sguardo al paese non molto lontano dove ha lasciato la famiglia. I suoi miseri resti avvolti in un panno militare con le mani ed i piedi ancora legati con filo di ferro sono recuperati, finita la guerra, da mio padre e da mio zio Olindo su indicazioni, fatte a suo rischio e pericolo, da un abitante di Monteacuto  (il comandante la brigata gli ha promesso, se parlerà, la stessa fine).
Con il nonno in ostaggio, i partigiani, irrompono più volte nottetempo nella sua abitazione e fanno man bassa di tutto quanto trovano; poco denaro, qualche oggetto d'argenteria, vasellame di rame gelosamente custodito e lucidato da mia nonna e da mia madre, la farina di castagne che, in spregio al proprietario di casa colpevole di essere schierato dall'altra parte, viene sparsa per le vie del paese senza che nessuno possa beneficiarne.
Le mucche razziate in Fiammineda vengono invece portate a Monteacuto, munte e macellate per distribuire latte e carne alla popolazione. Mio padre cerca di comperare un po' di quel cibo, ma inutilmente; un combattente per la libertà (non mi è mai stato fatto il suo nome) gli risponde in perfetto dialetto pianaccese: "Piuttosto che date un pezzo ed carne a ti a lo den al porcello; se i fiòo ed Gigi i  morane ed famme l'è li stesso".
Gli uomini del paese scappano in Fiammineda quando si diffonde la voce dell'arrivo dei tedeschi, due militari a bordo di un sidecar che, indisturbati, fanno saltare in aria la centrale elettrica. Qualcuno propone di attaccarli e di ucciderli ma viene bloccato in modo violento dagli altri che temono una rappresaglia su donne e bambini, come è già accaduto in villaggi vicini.
I paesani si rifugiano alla "Scena" (una zona rocciosa con parecchi ripari), per scampare ai cannoneggiamenti fra alleati e tedeschi che sconvolgono il paese. Anche mia madre, dopo aver avvolto in una coperta mia sorella Eva nata da pochi mesi scappa; mio zio Benito nella confusione della fuga, porta con se un barattolo di fagioli invece di quello dello zucchero necessario per la preparazione del latte per la neonata.
Don Giovanni Fornasini, parroco di Sperticano, un piccolo paese nei pressi di Marzabotto dove si è scatenata la ferocia e l'inumanità dei tedeschi contro la popolazione, incurante dei consigli si reca sui luoghi dei massacri per portare gli ultimi sacramenti e conforto alle vittime. Subisce la loro stessa tragica sorte. 
Però mi è sempre rimasta impressa la storia di un aereo smarritosi fra  le nostre montagne ed andato a schiantarsi a pochi metri dalla cima del Corno alle Scale.
Sono rimasto ore ad ascoltare i ricordi di alcune persone che parteciparono al recupero il che mi ha permesso di farmi un'idea più precisa di quei momenti.
E' la fine del 1943, anno terribile per gli italiani con i bombardamenti delle città, l'invasione della Sicilia preludio a quella di tutta la penisola, il 25 luglio e l'8 settembre con le forze armate abbandonate al proprio destino, la guerra civile e l'Italia divisa in due parti occupate entrambe da eserciti stranieri.
Un bimotore tedesco, a causa del maltempo che imperversa nella zona, smarrisce la rotta e finisce in mezzo alle nostre montagne fracassandosi. I componenti dell'equipaggio muoiono all'istante e, in seguito all'urto violento, uno dei corpi viene catapultato sull'altro versante del crinale.
In paese nessuno si accorge di nulla attribuendo quel tremendo boato allo scoppio di una delle tante bombe.
E' inverno e i tedeschi, che hanno il presidio a Lizzano, non si occupano subito del recupero, che viene organizzato nella primavera successiva. Sono arruolati "volontari obbligatori" uomini, donne e bambini, che lavorano nel vivaio della Segavecchia.
Un drappello tedesco, armato fino ai denti (non si deve dimenticare che la zona è territorio incontrastato dei partigiani), li scorta ogni mattina fino alla Bonaccia. Qui il grosso delle truppe, non osa avanzare ulteriormente, si ferma e piazza le armi per difendersi da eventuali attacchi. Solo alcuni militi accompagnano i paesani per il recupero dei corpi dell'equipaggio ma soprattutto delle armi e di tutto ciò che può essere impiegato per scopi bellici.
I rottami dell'apparecchio sono disseminati in una vasta area in fondo ad un canalone fra "balzi e scaffe", e per raggiungerli bisogna faticare non poco per sentieri impervi a strapiombo su dei burroni.
Le salme, o quanto rimane di esse, vengono riportate faticosamente in paese e seppellite cristianamente nel piccolo camposanto (finita la guerra saranno riesumate e tumulate, alla presenza dei parenti, in un cimitero militare accanto a quello di Lizzano).
Il recupero controllato dai tedeschi dura parecchi giorni ma il materiale riutilizzabile riportato a valle è poco data la tremenda violenza dell'impatto. I paesani ritornano però più volte sul luogo di nascosto per portare a casa tutto quanto è trasportabile e può servire. In momenti di mancanza di tutto come quelli del 1944 i rottami di questo incidente sono una manna dal cielo e i pianaccesi, colpiti anch'essi da molti lutti, dimenticano presto la tragedia di quei giovani aviatori.
Sono fatte rotolare a valle le ruote del carrello poi vendute assieme ai rottami ferrosi; con la pelle asportata dai sedili e dalla ricopertura dei serbatoi vengono fatte scarpe per i ragazzi. Gli oggetti  più ricercati sono i paracadute, con la loro seta le donne sperano di potersi confezionare camicette e abiti, ma rimangono deluse; i paracadute sono considerati "materiale strategico" e vengono requisiti dai tedeschi.
I bambini, come al solito, sfruttano l'aspetto divertente della situazione; dai proiettili delle mitragliatrici estraggono la polvere da sparo per costruire dei "botti"; alcuni si impossessano di una pistola lanciarazzi con relative munizioni. Il gioco viene però presto scoperto dai soldati e queste "operazioni" sono subito stroncate con pesanti minacce per i marmocchi.
Da quel terribile giorno, per molti anni, in quella zona, la gente ha continuato a curiosare ed a scavare fra la terra ed i sassi nella vana speranza di trovare qualcosa.
Alcuni anni fa, dei cercatori di funghi ebbero la fortuna di recuperare i resti della radio ricetrasmittente di bordo, sfuggita fortunosamente ai tedeschi e che le piogge e le frane avevano riportato in superficie.
Di quell'aereo, a distanza di cinquant'anni, rimane ben poco; i suoi resti sono sepolti dalla terra e dall'erba e la sua vicenda dimenticata. Ma quando dal terreno riaffiora qualcosa, la storia ed i ricordi di quei giorni per qualche tempo ritornano a circolare in paese, soprattutto fra quanti parteciparono al recupero, arricchendosi sempre di nuovi piccoli particolari, poi lentamente torna il silenzio ed è come se questa terribile sciagura non fosse mai accaduta.


(Aprile 1997)



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