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PRO LOCO PIANACCIO

Cenni Storici

Pianaccio

di Alessandra Biagi

Pianaccio

Pianaccio è uno dei tanti borghi che compongono il Comune di Lizzano in Belvedere.
Come quasi tutti i luoghi poveri d'alta montagna, non ha una storia da tramandare con opere d'arte o monumenti, non c'era né il tempo né il denaro, l'importante e l'essenziale per gli abitanti era di poter coniugare il pranzo con la cena e di poter mantenere una famiglia che di solito era molto numerosa.
Il suo passato se pur breve è fatto di storie semplici.
Il paese si trova al termine di una stretta valle chiusa a sud dal Pizzetto e dal Calvario, ad ovest dal Fabuino e a nord dal Monte Grande.
Il lato ad est si apre, seguendo il corso del fiume Silla, verso Bologna.
A parte Sambuciòn e un edificio della Borèlla, tutto l'abitato è costruito sulle pendici del Monte Grande, sulla sponda sinistra del fòsso Bagnadori che lo attraversa e che si immette nel Silla sotto il cimitero.
Si narra che i primi abitanti fossero fuoriusciti dello Stato Pontificio; s'installarono in questa zona di confine vivendo da banditi, estorcendo danaro a quanti attraversavano il territorio.
Il nome, che nei documenti antichi che risalgono al XV secolo è indicato come Planatium e poi come Pianazzo, sta a significare un insediamento a mezza costa su un pianello poco esteso e male esposto: da ciò il peggiorativo Pianaccio.
L'abitato, cresciuto attorno ad un piccolo oratorio, come frazione di Monteacuto delle Alpi e della sua parrocchia.
I suoi abitanti però mal digerivano questa situazione, in particolare la dipendenza dalla chiesa di San Niccolò dove erano costretti a recarsi la domenica per assistere alle funzioni religiose.
Solo il 14 settembre 1831 il paese diventa parrocchia autonoma, con decreto arcivescovile, per iniziativa del parroco di Monteacuto don Floriano Biagi.
Ai lati estremi del paese sorgono due importanti edifici che portano ancora incisa sui loro muri o sull'architrave della porta la data di costruzione: Pianaccio Vetchìo ad est (1528); torre di osservazione della valle che domina la strada per Bologna.
Casètta a ovest (1581): presidia l'accesso al paese dalla strada dei Bagnadori.
Aggregati a queste costruzioni c'era un ingresso a volta, uno ora sparito, facilmente difendibile da eventuali invasori.

Pianaccio

Ancora oggi le case, costruite quasi in equilibrio fra un dirupo ed un altro, hanno conservato l'aspetto antico con muri in sasso, i tetti ricoperti di piàggne di arenaria, strette ed anguste viuzze, la cui perfetta armonia danno al paese un senso di autenticità e di naturalezza.
Gli abitanti sono integrati perfettamente con il bosco che li circonda.
In tempi non molto lontani, hanno ricavato dai castagni l'essenziale per sopravvivere ed il poco lavoro esistente in zona ma quell'ambiente così aspro e ostile ne ha condizionato per sempre la vita ed il carattere.
Gente dura, ribelle, costretta per vivere a trasferirsi per parecchi mesi l'anno in altre regioni in cerca di lavoro.
Una separazione forzata dalle famiglie che ha generato nei paesani un senso di fiera appartenenza a questi luoghi difficilmente riscontrabile in altre zone.
Pur non essendo un borgo molto esteso, il suo abitato è suddiviso in ben 12 quartieri: Ca' d'Babòn - Borrèlla - Tèggia - Ca' Nòva - Pòsta - Pianàccio Vetchìo - Sambuciòn - Vètta al Prà - Spèssia - Cistòn - Casètta - Càmpo d'Sèrra.
Anche dal punto di vista patroni, il villaggio non si fa mancare nulla; se ne annoverano addirittura tre: San Giacomo, Sant'Anna, il 25 di luglio e San Rocco, il 16 agosto.
Dietro l'abside della chiesa avevano luogo le sepolture dei defunti; durante i lavori di restauro eseguite negli anni 70 sui muri sono state rinvenute delle incisioni di croci e date.
In seguito al decreto di Napoleone (15 giugno 1804) che faceva obbligo, per questioni d'igiene, di tumulare le salme in un luogo, dotato di mura perimetrali e con cancello chiuso per evitare l'ingresso degli animali e all'esterno del centro abitato, il camposanto è stato costruito su un pogètto all'inizio del paese.

Pianaccio

Il piccolo cimitero raccoglie le spoglie di quanti hanno espresso il desiderio di riposare in pace fra il silenzio di questi monti.
In questo luogo, come nelle funzioni in chiesa, per tradizione le donne sono separate dagli uomini.
La piccola piazza davanti alla chiesa, unico posto un pò pianeggiante, è intitolata al paesano Don Giovanni Fornasini.Con le manie di grandezza in voga durante il "Ventennio" questo minuscolo piano si chiamava piazza dell'Impero.
E', infatti, durante il periodo fascista che il paese subisce le maggiori trasformazioni.
E' inaugurata la strada che attraversa il paese, costruita nel 1935, e che ancora oggi ricorda ancora i fasti di quando "c'era Lui"; si chiama, infatti, Via Roma.
All'ingresso del paese è eretto un fascio gigantesco per simboleggiare l'appartenenza attiva della popolazione all'opera di Mussolini. Fasci più piccoli ma non meno importanti sono piazzati lungo la strada in Sambuciòn e sul magnifico ponte della Spessia.
L'apoteosi maggiore avviene il 10 ottobre del 1938.Alla presenza del Maresciallo Rodolfo Graziani e del pianaccese Onorevole Bruno Biagi, che ha caldeggiato la realizzazione, è inaugurata la nuova Colonia Combattenti; un edificio imponente, oggi sede del Parco e della Fondazione Enzo Biagi, per ospitare i fanciulli durante le vacanze estive.
Nel cortile antistante un cippo di pietra con la scritta "DUX"; sulla facciata della Colonia troneggia il motto mussoliniano "Credere, obbedire, combattere".
Tutti questi simboli saranno ovviamente rimossi al termine del conflitto per non lasciare traccia.
I pianaccesi sono "invitati" a partecipare a questa importante cerimonia, vestiti da fascisti ed inquadrati in perfetto stile militare.
Anche l'Istituto Luce realizza un breve filmato, circa due minuti, da proiettare nelle sale cinematografiche italiane. Tale reperto è stato scoperto per caso da mio figlio su internet e proiettato una sera d'estate nella piazza del paese.
I residenti sono soprannominati Ciàffari che deriva dall'antico toscano Ciaffa o Ciaffo che vuol dire Faccia da luna piena. Siccome tale nomignolo è stato affibbiato ai pianaccesi dagli abitanti di Monteacuto, e fra i due paesi non è mai corso buon sangue, la frase va interpretata in senso negativo e cioè: "Faccia da schiaffi o Faccia da prendi in giro". I residenti sono attualmente poco più di una ventina.
Nella stagione estiva però la popolazione arriva a qualche centinaio, fra villeggianti e pianaccesi, i cosiddetti forastèri che, pur abitando in altre zone d'Italia, hanno ristrutturato la casa natia e vengono a trascorrere le vacanze al fresco.

Pianaccio

Negli ultimi anni c'è stato un vero e propri abbandono ed anche l'unica bottega esistente è stata costretta a chiudere i battenti. E' rimasta attiva una sola locanda con annesso bar.
Anche la scuola, costruita negli anni 60, è in disuso ed i suoi locali sono utilizzati per riunioni e mostre estive. Non c'è il Parroco, non esistono discoteche e cinematografi.
I paesani sono gelosi delle loro tradizioni anche se, a causa dello spopolamento della montagna, molte hanno perduto la ragione di essere.
Questo borgo ha dato i natali ad illustri personaggi:
Guglielmo Fornaciari, maresciallo dell'aria, eroe pluridecorato, della Grande Mondiale.
Enzo Biagi, noto giornalista del Secondo Dopoguerra.
Don Giovanni Fornasini, parroco di Sperticano (Marzabotto), ucciso a soli 29 anni dai nazisti nell'ottobre '44 e insignito di Medaglia d'Oro alla Memoria. Da parte delle gerarchie Vaticane è in corso la causa di beatificazione.
On.Bruno Biagi, sottosegretario alle Corporazioni durante il Ventennio. Personaggio del quale, ovviamente ma ingiustamente, non si parla mai.


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