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Maenzano
"Muse" more

di Alessandra Biagi

Vallata Est del Corno alle Scale
Vallata Est del Corno alle Scale

Di solito da Maenzano si passa in macchina e via. Invece è un borgo molto antico: molti suoi luoghi sono citati già negli Estimi del 1475 ma la sua origine è certamente romana, essendo un prediale dal gentilizio romano Maetius, quindi "il podere di Maezio". Proprio dagli Estimi apprendiamo che era considerato uno dei grandi borghi del Belvedere con Lizzano, Vidiciatico, Gabba, Grecchia e Sasso. Una cosa particolare che emerge dallo studio della suddivisione del territorio in base ai toponimi, è che quello di pertinenza di Maenzano è molto più vasto di quanto si creda, maggiormente esteso soprattutto verso i monti, tanto che alcuni luoghi che risultano di Lizzano o di Vidiciatico probabilmente in tempi antichi facevano invece parte di Maenzano. Dunque, cominciamo il nostro cammino. 
La Casóna: Quella grande casa bianca proprio sulla strada provinciale, appena sotto Vidiciatico. Si giunge poi al  nucleo antico di Maenzano (che forse non tutti conoscono), sotto il voltone che si intravede tra le case a destra, scendendo verso Villaggio Europa; esso è con molta probabilità quattrocentesco, come il bel casóne che lì ancora sopravvive, (ornato da una bella "mamma" di pietra) in mezzo a case che, per continuità abitativa, sono state pesantemente rimaneggiate. 
Della stessa epoca è la casa più antica ancora presente, a sinistra del voltone: è quella che Rivani nella sua perizia del 28 luglio 1943 chiama "Casa Cheli". Il fatto che Giuseppe Rivani, architetto e grande conoscitore della nostra zona, ritenesse di dover fare una perizia su questo edificio, è un'ulteriore testimonianza della sua rilevanza artistica. 
Dato che mi sembra una bella testimonianza, oltre che inedita per noi, ne propongo qui la trascrizione, ricordando che si tratta di una scheda tecnica: 
"Denominazione: Casa Cheli. Località Maenzano.
Epoca della costruzione: a. 1447.
Autore: ignoto.
Descrizione: questa casa oggi conserva poco dello stile originale, all'infuori di una porta al piano superiore sul lato meridionale, con arco a sesto acuto rigonfio di conci di arenaria, chiusa e trasformata in finestra, e qualche tratto di cortina antica di sasso e di altre aperture rimaneggiate nei vari prospetti. Nella chiave dell'arco superstite è incisa la data 1447, sotto la quale è scolpita una piccola croce con le estremità quadrilobate e le iniziali B. C.
Singolarità architettoniche: l'arco ad ogiva rigonfia e il modo come è costruita questa porta superstite della casa, farebbero pensare ad un'opera di architettura minore di tardo periodo romanico, se non vi fosse la data ad indicare la sua origine quattrocentesca.
Uso attuale e stato di conservazione: adibita ad abitazione, salda nelle murature per effetto dei recenti restauri ma con l'intonaco cedente che lascia scoperta la cortina di sasso.
Vicende storiche e costruttive (modifiche e restauri): l'origine è documentata dalla data 1447 come il nome del primo proprietario che la fece erigere che, si dice, fosse certo Bartolomeo Cheli cui corrisponderebbero la iniziali B.C. 
Questa casa che, come è detto nell'Elenco degli Edifici Monumentali del 1915 aveva un'altra porta di carattere medioevale sul prospetto verso la strada, e (come testimoniano coloro che l'hanno vista prima di un incendio che la rovinò nel 1930) aveva pure un portico a due arcate sul fianco meridionale, è stata restaurata senza alcun rispetto dei suoi elementi originari, modificandone la facciata verso la strada e demolendo il portico ad opera del proprietario di allora, Augusto Piccinelli, che fece ricoprire le cortine con intonacature, le quali ora, in gran parte cadute, lasciano intravedere quel che è rimasto della sua architettura d'origine".
Secondo qualche testimonianza, questo edificio sarebbe da identificare con Ca'd'Bello, così detta dal soprannome (abbastanza comune nel Medioevo) del proprietario, Matteo Serantoni da Sasso detto "Bello". I suoi nipoti Masina e Mengo sono citati nei Rogiti Serantoni del 1518 come eredi e proprietari dei beni di Matteo "Bello". 
La Fontana: E' composta da una grande maestà in muratura con un tubo da cui scaturisce l'acqua che finisce in una vasca di pietra dove si abbeverava il bestiame; c'era una bella targa devozionale di tipo robbiano, bianca su sfondo azzurro, rotta a colpi di pietra nel 1950 circa e sostituita da quella moderna che si vede oggi. Nel dopoguerra lì nei pressi furono costruiti i lavatoi.
A destra si stacca una stradina che porta al More', dove attualmente c'è una casa grande e bella, ma un tempo forse c'era una sponda coltivata a gelsi. La strada prosegue, con un tratto del bellissimo basolato originario, e sulla destra si trova una schiera di abitazioni alte e strette, l'una addossata all'altra, che per struttura risalgono anch'esse alla fine del XV secolo circa, e sono interessanti perché, pur risistemate fino a tempi recenti e tuttora abitate (almeno in estate), hanno mantenuto una caratteristica costruttiva tipica dell'architettura di montagna, cioè  seguono il pendìo.
Ca'd'la Rita: Si trova in fondo ai campi del Vignale, già sulla strada provinciale. Piccolo gruppo di case dove fino al secondo dopoguerra c'era un rinomato albergo-ristorante, impiantato ai primi del '900 dalla Rita Farneti. 
Mulin d'Quare': Sotto la strada di Campiano è azionato dal Fosso d'Quare' (cioè che scende dall'Acquare' di cui si è parlato a proposito di Vidiciatico) prima di confluire, poco sotto, nel Rio Freddo. Il mulino è più conosciuto come Mulìn d'Quàija, dal soprannome poco lusinghiero del proprietario. In realtà, potrebbe anche derivare da "machina aquaia", cioè azionata dall'acqua. Da tempo non funziona più, ma nell'immediato dopoguerra fu impiantata una conceria per pelli da scarpe, che ebbe breve vita.
Lì vicino c'è una bella maestà in muratura di sassi che ricorda la figlia del proprietario, Anna Tonielli, che il 17 ottobre 1857 morì cadendo nel bottàccio (vasca di raccolta dell'acqua per il funzionamento del mulino): aveva 30 anni e avrebbe dovuto sposarsi il giorno dopo.
Mulin della Róda: Mulino della ruota. Più in basso, sempre sul corso di Rio Freddo. Chissà, forse aveva una ruota molto grande.
Maestà d'Zechièllo: ,Dal nome del committente Ezechiele Torri, che la fece costruire nel 1848 su un  bel serretto panoramico.

Toponomastica

Una cosa particolare che emerge dallo studio della suddivisione del territorio in base ai toponimi, è che quello di pertinenza di Maenzano è molto più vasto di quanto si creda, maggiormente esteso soprattutto verso i monti, tanto che alcuni luoghi che risultano di Lizzano o di Vidiciatico probabilmente in tempi antichi facevano invece parte di Maenzano; ho pensato di inserire qui i luoghi fino alla Casella, lasciando fuori Villaggio Europa che rientrerà invece nel territorio di Sasso.
Dunque, cominciamo il nostro cammino. La zona di campi aperti sotto La Casóna (quella grande casa bianca proprio sulla strada provinciale, appena sotto Vidiciatico) era detta un tempo Campo dall'Ara, ma la denominazione è poi rimasta alla sola Ca'dall'Ara (a volte l'ho trovato scritto anche Cadalàra), in origine gruppo di due edifici antichi (casa e stalle) facenti parte dell'abitato di Maenzano, recentemente abbattuti  perché pericolanti. Hanno dato però il nome a tutta la moderna borgata sorta nei pressi da dopo l'ultima guerra. Il significato è chiaro "Casa dell'Aia"; non è chiaro però perché solo quella casa avesse questa denominazione, dato che l'aia era elemento pressoché irrinunciabile in campagna. Forse però era l'unica che poteva disporre di uno spazio pianeggiante sufficientemente vasto da essere utilizzato come aia per la trebbiatura. Ma d'altra parte… Dato che ho parlato anche di epoca romana, chissà che non ci fosse veramente un altare per sacrifici. 
A destra si stacca una stradina che porta al More': "more'" è infatti la contrazione di "moredo" dal latino "morus" a sua molta dal greco "mòron". Anche a Lizzano esisteva Il Morédo presso Il Fondaccio, a dimostrazione che questo tipo di coltivazione era abbastanza diffuso un tempo. Calindri parla di coltivazione dei gelsi nel territorio di Lizzano (dove rientrava anche Maenzano, citato come "grosso Borgo") per nutrire i bachi da seta nel suo "Dizionario" del 1781.
Da qui si gode un bellissimo panorama verso Campiano (che abbiamo già visto a Vidiciatico ma che sarebbe di Maenzano) e verso Lizzano. 
Verso Campiano, guardando oltre Il Vignale, c'è Rio Freddo, originato dal Fosso delle Polle, dal fosso che scende dalla Fontana Mezzaséla (di cui si è detto nel capitolo di Vidiciatico) e dal fosso di Fontana Morta
Rio Freddo è uno dei toponimi più anticamente testimoniati, dato che è presente già nel famoso e controverso Diploma di Re Astolfo del 753, dove è citato come "Rivo Frigido".
Quanto al Vignale, il significato è piuttosto chiaro, luogo ricco di vigne e vigneti: magari è meno noto che era un podere ubertoso e vasto, diviso tra diversi proprietari, in prevalenza della famiglia Fioresi. 
La famiglia Serri, prima di trasferirsi in Solìva, svolgeva opera di colonìa qui fino a prima dell'ultima guerra, mentre prima i coloni erano i Baziali. 
Presso il Mulìn d'Quàija c'è il castagneto detto I Quartési: il nome sembrerebbe da riferire a un'unità di misura agraria, forse un quarto di ettaro, o a una divisione testamentale. In ogni caso deriva dal latino "quartus", sia come numerale che come quarta parte di un insieme più grande.
Proseguendo sulla strada asfaltata si arriva ai Giambón, I Giambóni, toponimo originato, come altri già visti (Ca'd'Zanón alla Rocca; Casa Gianinoni a Poggiolforato) dal nome proprio tipico del Medioevo Zambóne, un grosso Giovanni. 
Ancora più su, a destra c'è La Famadìccia, luogo posto lungo la vecchia via che andava da Vidiciatico alle Fosse, passando per la Casella e Pra'di Forra, proprio sotto la curva di Pi∫alontàn. Racconta Ercole Ferroni che tale nome sarebbe stato dato alla casa e ai campi da suo padre Roberto, che aveva a lungo prestato servizio come carabiniere a Grizzana. Aveva sposato la Mariadelia Mattioli di Monteacuto e avevano deciso di stabilirsi nei pressi di Lizzano, ma quando Roberto vide per la prima volta quel podere, abituato com'era ai fertili terreni della collina bolognese, avrebbe esclamato: "Ma questa l'è proprio 'na famadiccia!".
Quanto a Pi∫alontàn, Piscialontano, il nome del luogo sarebbe da attribuire a una vera o presunta abilità del vecchio proprietario… Ma il vero nome del luogo sarebbe un più dignitoso Ca'd'Pelègro, casa di Pellegrino.
Saliamo ancora per la vecchia strada e giungiamo alla Casèlla: anche qui, come per altri luoghi, si pone il caso se il luogo ha originato il cognome o viceversa, dato che il cognome Caselli è noto dal XVI secolo e nei libri canonici dell'archivio della pieve di Lizzano ho trovato un Vincente Casella. In questo caso forse è il luogo, dove magari c'era una piccola casa, ad avere "dato il nome" a un cognome. 
Lì nei pressi ci sono l'Ara d'la BaraccónaLa PianaLa FontanaCamp'del NonnoCampo d'ErmelindaCa'd'MaggioLa Pozza, toponimi anche molto antichi e oggi del tutto desueti. 
Ma il più significativo è La Musarèlla, che non ha niente a che fare con musi o museruole, ma è una varietà di melo (detto "musa") comune nel Trecento, i cui frutti maturano nel corso dell'inverno: quindi un luogo coltivato a mele invernali.
Negli elenchi che seguono si troveranno toponimi ancora oggi esistenti e altri che, almeno a me, sono del tutto sconosciuti; sono però tutti piuttosto fantasiosi e abbiamo visto che ai nostri avi la fantasia certo non mancava: peccato che noi non facciamo abbastanza per conservare questa loro eredità.


 

                                                       


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